Heike Geißler, Leipzig (D)
Heike Geißler, nata a Riesa nel 1977, vive a Lipsia. La Geißler è stata proposta per il concorso da Ursula März.
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Videoritratto
Heike Geissler
La vita ariosa
Finalmente il passaggio dalla stagione principale a quella secondaria era compiuto. Sulla spiaggia i resti delle alghe non veniva più rimosso e solo i più resistenti si avventuravano in acqua. I turisti che ancora erano lì andavano nei caffè e nei ristoranti, oppure rovistavano nelle gallerie e nei negozi di ricordini.
Aveva già tirato un sospiro di sollievo ed era contento di dover guidare sul posto ancora solo un gruppo di turisti e di potersi sentire fino al prossimo cambio di stagione come in un riposo eterno.
Aveva visto il primo giorno della nuova stagione anche per preparare la sua casa all'inverno. Aveva stagnato le finestre, bruciato le foglie e le sterpaglie nel giardino. Fermo sulla scala da un lato aveva scorso con l'occhio la spiaggia e i dintorni fino al campeggio, dall'altro fino al ponte sul lago di una località vicina, per rivolgersi infine fino al tetto per ripararlo in alcuni punti. Concentrato nel lavoro e non ancora riabituato ad avere molto tempo a disposizione, non aveva messo in moto i suoi pensieri e per questo motivo si spaventò quando risuonò qualcosa come un lamento: quell'anno lui non era stato abbastanza intrigante e così non c'era una donna che gli fosse accanto. Prestò attenzione, scese dalla scala, attraversò il giardino pensando di aspirare davvero ad una donna e di dover trovare un rimedio.
Avido, cercò di strappare dai suoi ricordi una donna che come un'ispirazione accecante potesse lanciarsi nella sua testa, meglio, nel suo cuore, eppure non gli venne in mente in maniera sufficientemente convincente nessuno dei suoi precedenti amori. Perchè fino ad allora non c'era stata alcuna donna con la quale avrebbe superato il cambio di stagione, nessuna che avrebbe voluto accanto a sè durevolmente. Perchè ce n'era stata una sola che si era occupata di lui per un po' di tempo, che per lui era troppo giovane e che trascorse con lui un'insospettabile tarda estate, prima di trasferirsi in una città più grande.
Ad inizio serata fece un movimento improvviso delle spalle e pensò: sia come sia.
Si era dunque preparato a concludere l'anno da lì a poco col rammarico, quando infine iniziò a sperare che potesse accadere un approccio. Infatti, dopo che sulla strada verso il lavoro aveva salutato la proprietaria della boutique, come sempre attraverso il cristallo della vetrina, sentendo un leggero rossore al viso, lei uscì e lo chiamò. Lei disse che avrebbe accettato volentieri l'invito a cena.
Le deide l'appuntamento per la sera e pensò subito che l'anno ora gli avrebbe detto bene, pensò per esaltazione che la sua stessa vita gli avrebbe detto bene, immaginando tutto con molto anticipo. Egli si sentiva come quando raggiungeva i vacanzieri davanti all'ufficio del turismo, con il pensiero già agli acquisti, riflettè su quale pietanza potesse conquistare la donna. Mentre spiegava ai vacanzieri le cose notevoli da vedere, indicando con il dito il più antico edificio in stile del posto, programmò la messa in ordine della sua casa e di questo avrebbe preferito parlarne con lei. Senza che alcuno lo notasse, si sedette di fronte a lei, subito le si avvicinò e fu felice del compimento di un inizio che era avvenuto in primavera, quando la donna aveva aperto la sua boutique in quel luogo.
Condusse i turisti nella corte degli artisti, lasciò che visitassero gli ateliers, li raccolse più velocemente del solito e li portò in una galleria, l'ultima stazione.
La fioritura artistica del luogo era terminata quasi mezzo secolo prima, disse. I pittori che adesso vivono qui non sono così famosi come quelli che diedero un'impronta al paese. Tuttavia, disse, ciò che qui comprate è certo del tipo di ciò che dopo breve non vorreste più vedere. Il gallerista si fece incontro a lui ed al gruppo annuendo consenziente. Mentre lui elogiò i pittori di paesaggio ed infine aiutò il gallerista ad impacchettare i quadri venduti, lo raggiunse la fine di una bella serata e contemporaneamente la questione se la sera dovesse essere accompagnata della notte, oppure se fosse meglio attendere ed invitare nuovamente la donna.
Ricondusse allora i vacanzieri carichi delle immagini della costa all'ufficio del turismo e decise che fossero ormai passati gli anni degli appuntamenti. Qualcosa che inizia così lentamente, pensò, può e deve essere proseguito. E' tempo, pensò, perchè riteneva di trovarsi nell'età migliore, se finalmente avesse trovato un amore che sembrasse renderlo felice.
Quando la donna fu davanti alla sua porta si vergognò per i suoi pensieri, per la fretta che lo aveva spinto così avanti. Si fece da parte per lasciarla entrare, le prese il cappotto ed aveva già trascorso anni con lei, aveva già vissuto con lei tempi difficili e si era deciso ancora una volta per lei.
Si richiamò all'ordine, pregò la donna di sedersi a tavola, servì la cena. Come va con i turisti, com'è dunque vivere in un posto che d'estate è pieno di persone e invece d'inverno è appena frequentato. Di questo parlò con lei e notò che mentre parlava null'altro gli venne in mente, se non che tutto quello che avrebbe potuto dire e domandare era già stato logorato dalle sue riflessioni pomeridiane. A metà della frase si fermò, posò le posate e dispose con le dita un paio di lische sul bordo del piatto, finchè lo raggiunsero di nuovo gli sguardi della donna.
Sorridendo si battè la fronte come se lì dentro ci fosse qualcuno che si rifiutava di lavorare e prese il bicchiere di vino per brindare con lei. Parlò a vanvera e sperò in quel modo di indicare che era sopravvenuto un piccolo errore, una specie di sorte avversa. Credettte di parlare con discrezione eppure chiaramente delle sue migliori intenzioni e insieme della sua sorpresa, non avere più nulla da attendere dalla serata, non avere più alcun obiettivo per sè e per quella donna. Lui mise la sua mano su quella di lei, la sentì distendersi sotto la sua, rise di nuovo. Potremmo anche semplicemente smettere, disse lui, con la lingua appesantita dal vino.
La donna lo guardò prima interrogante, poi arrabbiata. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma la richiuse subito. Quando lei prese il tovagliolo dal grembo e si alzò, lui fece altrettanto. Lui era troppo stanco per accomiatarsi in maniera adeguata, ma si sentì sveglio e sollevato quando la donna tirò la porta di colpo.
Chissà, così iniziò la mattina dopo la sua riflessione, volva proseguire senza di lei. Girò il caffè e dalla cucina osservava i piatti e i resti della cena sul tavolo della sala. In quel momento percepì un leggero bisbigliare, senza prenderlo troppo sul serio. Si rimise a letto, cadde in un lungo e profondo sonno e al risveglio, sebbene gli sembrò essere rimarchevole sapere chi stesse bisbigliando e quale fosse il suo nome.
Dove, domandò. Sì, disse, benvenuto. Certo, pensò, si sa quando ci si imbatte in un angelo, come non lo si dovrebbe sapere, lo si nota subito e non ci si domanda nulla. Solo, gli risultò strano di non aver visto l'angelo, che nella sua casa non fosse scesa alcuna luce particolare creata per quella conoscenza, che da nessun luogo fosse giunto un inatteso tono lieto.
Ma, disse, sono un cattivo padrone di casa, scusami. Mise i piatti sporchi nel lavandino, deide aria alle stanze, finchè se ne andarono l'odore del cibo e il profumo della donna, alzò il tendame e se andò con le braccia bene aperte per la casa per consegnare tutto all'angelo. Percepì la casa come arredata nel modo migliore, come fosse stata rivitalizzata.
Sebbene non fosse stato in grado di dire cosa bisbigliaasse l'angelo, pensò tuttavia di intendere qualcosa. Qualcosa, per esempio, che lo aveva divertito. Qualcosa che lo preoccupava, anche, e lo allettava ad occuparsene. Qualcosa, e questo lo notò la prima sera con l'angelo, che introdusse la vera letizia nella sua vita e la cortesia. Accanto al suo letto realizzò un posto letto accostando due poltrone.
Se qualcuno fosse arrivato da lui e avesse detto: ma questo è nulla, non vedi nulla, ti sei innamorato dell'aria! Avrebbe fatto un cenno di contrarietà e avrebbe detto che quel nulla bisbigliava piuttosto forte e che gli farebbe sentire abbastanza chiaramente di appartenergli.
Chiamava di continuo nelle stanze della casa e dopo una settimana crebbe in lui la curiosità di sperimentare che cosa avesse esattamente da spartire con l'angelo, come e quando quello si sarebbe voluto mostrare, come tutto di sarebbe trasformato. Forse un matrimonio, disse all'angelo, così che non siamo esseri troppo finiti. Si battè subito sulla bocca. Che cosa so già di te, disse, so solo che con un vento di mare un sibilo penetra il tetto, un sibilo che assomiglia al tuo bisbiglio.
Egli pensò che quello andasse per il paese per la gioia di ognuno. Dovrebbe essere bello osservarlo, vederlo così arricchito, pensò e suppose che quello era un momento di gioia per tutti. Per questo motivo interruppe il cammino che lo stavo portando al lavoro ed entrò nella boutique. Scusi, esclamò rivolto verso la zona retrostante del negozio, dove la donna stava assortendo delle camice per un regalo. Ero un po' confuso, proseguì. Ah, disse lei e voltandosi. Mi scusi, ripetè lui, attendendo una reazione che gli consentisse di poter dire quanto fosse felice di poter fare ancora una volta la sua conoscenza, e questa volta in maniera amichevole; ma lei non si rivolse più verso di lui.
In ogni caso, pensò lui fuori dal negozio, lei ha una casa propria. Come si sarebbe dovuto decidere chi avesse rinunciato alla propria. E certo lei, ne era convinto, ne ha una più nuova e molto più elegante e probabilmente avrebbe cercato subito qualcuno che faccesse qualcosa di più stimolante del portare in giro turisti e mostrar loro le case nelle quali hanno vissuto o vivono pittori paesaggisti. Sì, disse all'angelo, peccato che la nostra storia sia preceduta da una piccola delusione.
Tuttavia la mattina se ne stette seduto al tavolo della colazione con l'impressione di trovarsi nella migliore doppiezza e la sua gioia non venne meno quando la seconda settimana venne accompagnata dall'impazienza. Come sarebbe bello, pensò sempre più spesso, se potessimo stare più vicini in maniera trasparente. Dopo il lavoro faceva lunge passeggiate; poichè non gli veniva in mente nulla di meglio, guardava talvolta verso il cielo. Esercitò uno sguardo mite ed un passo molle. Sotto sotto però voleva cogliere l'angelo nel suo nascondiglio, voleva esigere da lui che finalmente si mostrasse.
Perchè, mentre ancora festeggiava la sua fortuna ed agiva misteriosamente, quando i colleghi gli domandavano perchè ridesse a quel modo, notò che il bisbiglio ormai era divenuto più raro e più sommesso. Per non confondere nulla, avava analizzato con attenzione i rumori della sua casa. Aveva camminato sia lentamente che velocemente sul pavimento a tavole, si era impresso nella memoria qualsiasi scricchiolio, aveva verificato il frusciare del corredo per il letto e infine aveva inventato una sofistecheria: la gelosia è un problema anche per l'angelo.
Proprio per questo motivo il giorno dopo si era recato ancora una volta alla boutique, aveva intimato insistentemente all'angelo di accompagnarlo così che anche lui sperimentasse quanto fosse fuori luogo la gelosia.
Trovò la donna a colloquio con un cliente, non appena lei lo notò lui la guardò cordialmente. Tuttavia niente, sussurrò all'angelo che significava qualcosa, niente. Per non restare ozioso si sedette su una poltrona in pelle e senza perderla di vista iniziò a sfogliare una rivista di moda. Quanto più a lungo sfogliava e quanto più a lungo la osservava chiacchierare con il cliente, tanto più si sentiva consumare. La afferrò con lo sguardo ancor più saldamente, pizzicò i filuzzi dal suo pullover, infine si alzò ed uscì dal negozio senza salutare.
Vedi, disse all'angelo, come ho promesso, non c'è nulla. Continuò a camminare, spiò un movimento dell'angelo. Certo, disse, lì c'erano di sicuro alcune donne, ma, appunto, c'erano, ora ci sei tu. Questo, disse, deriva dal fatto che nessuno capita nella mia vecchiaia come è accaduto la prima volta. In senso stretto, pensò, accade come se per me fosse la prima volta.
Quel giorno salutò i vacanzieri in maniera un po' sgarbata. Avrebbe preferito continuare a discutere con l'angelo, infondendo all'angelo il coraggio di mostrarsi. Bene, disse piano, continueremo dopo. Durante la visita guidata quell'intento si dimostrò tuttavia inutile. Gli passò per la testa che l'angelo avrebbe potuto essersene andato già da alcuni giorni. Si bloccò, tralasciò alcune frasi, perchè lui, nonostante le ripetesse praicamente ogni giorno, le aveva dimenticate. Condusse i vacanzieri in un negozio di souvenirs e si appartò brevemente dall'altra parte della via. Tra le auto percheggiate qualcosa crollò in lui, lo notò e pensò che un simile tracollo ha sempre ragione. Con fatica proseguì la visita guidata, senza che nulla trapelasse, continuando a scherzare al solito modo.
Successivamente interruppe il suo ritorno a casa e andò in spiaggia. Lì proseguì camminando in direzione contraria. La mano sinistra gli serviva da bussola. Prego, disse, qui c'è posto per te.
Sebbene fosse giunto all'altezza della fine del paese e fosse stanco della tensione degli ultimi giorni, resistette alla tentazione di andare nel locale preferito. Camminò vicino all'acqua, curandosi poco delle onde che raggiungevano le sue scarpe, bagnandole.
Mentre le sue spalle rivolte verso l'alto gli facevano male, camminava come un reietto, e questo lo sapeva, ma non voleva credere che potesse esserlo. Un inizio, disse, non accade certo per scherzo. Spiava e si domandò se l'angelo stesse accovacciato da qualche parte in una fenditura o nascosto in spiaggia e non azzardasse farsi vivo perchè si vergognava del suo ripiegamento, del suo tacere. Sarebbe una follia, disse, un'immensa follia perdersi in questo modo. Camminò finchè non fece buio, finchè non giunse a tre località vicine e gridò contro il cielo scuro che non gettava più alcuna luce su di lui, sulla spiaggia. Certo, disse, quanto è raro nella mia vita ciò che è opportuno. Questa, aggiunse, è forse un'avarizia del cielo. Ma trattenne la sua lingua, perchè credeva fosse da conservare la fiducia, ed anche la pazienza. Ora, pensò, tutto è eventualmente possibile. Si stirò e da ore non aveva camminato in maniera così retta, e si sfregò le mani per riscaldarle.
Quando raggiunse la località successiva salì le scale, marce e cosparse di umidità serale, si ritrovò davanti ad un campo. Alla fine del quale c'era l'altro paese. Si voltò verso l'acqua, guardò indeitro in direzione della sua casa. Era troppo stanco per la lunga passaggiata fatta per affrontare la via di casa. Da qui, pensò, mandare un cliente che raggiunga rapidamente la mia casa e verifichi se il mio angelo si trova lì.
Di solito impiegava di pochissimo denaro per eventi non programmati. In quel momento però non voleva risparmiare, piuttosto voleva lusingare l'angelo con qualcosa di lussuoso. Passò in alcuni hotels che risultarono troppo cari, vide uomini seduti ai vari ristorante per la cena, finchè in una strada laterale trovò un hotel alla sua portata. Tuttavia, con una risata della signora alla reception, verificò subito che al prezzo che si era immaginato non poteva prenotare una camera doppia. Bene, disse lui, prese una singola e tuttavia, subito dopo averla aperta ed aver introdotto appena la testa, tornò rapidamente alla reception. Perchè prendere solo una sola camera singola? pensò, sarebbe un imbroglio.
Nella nuova camera si trattenne per un po' ed ebbe l'impressione che vi fosse qualcuno. Dunque si chinò, alzò il copriletto e guardò sotto il letto, aprì l'armadio e la porta del bagno. Qui non c'è nessuno, constatò. Qui non c'è nessuno oltre a me. Gli risultò facile immaginarsi un riso guizzante attraverso la camera che si scaraventò contro di lui e ribattendo disse: eccomi, sono qui.
Infine si sedette, stirò le gambe lontano da sè. Agì con ingenuità e s'irrigidì, come se lo interessasse il disegno agreste della tenda, finchè non lo fece andare in bestia. Ora come prima, senza sapere se l'angelo fosse ancora vicino a lui o no, uscì dall'albergo e mise piede poco dopo nella prima birreria che incontrò.
Ordinò una grappa, una birra, guardò nello specchio deitro le bottiglie e si vide bere e discutere con il padrone. Un angelo è davvero necessario, disse. Sempre, capisce? Non smise di osservarsi, mentre poneva la domanda, sapendo bene che quella era una questione da ubriaco cui non era possibile rispondere, sebbene quello fosse il luogo migliore cui si sottomettono tutte le opportunità. Vide allo specchio come il padrone stesse servendogli una grappa di commiato fatta apposta per calmarlo. Appoggiò la testa sul balcone per raffreddarla e prendendo una deviazione tornò barcollando in hotel. Sarebbe finalmente ora, disse rivolto all'angelo, che ti facessi vivo.
La mattina dopo gli erano rimaste solo alcune piccole idee, le chiamò speranze, un attimo dopo si pulì la fronte per placare gli effetti della notte. La sua solitudine lo spinse ad uscire dall'hotel, ad andare per strada. Si augurò benevoli miraggi che gli ponessero accanto l'angelo, in un qualche sembiante e di una qualche misura. Quando vide la fermata dal bus aumentò il ritmo. Decise di tornare indeitro con quel mezzo. Non c'è altro da aggiungere, disse, troppa grappa, troppo poco riposo. Tutto tornerà al suo posto, disse, devo solo tornare all'inizio. Ripetere l'inizio e stare attento. Mentre camminava aveva il capogiro. Come sarebbe possibile, ora, pensò, lusingare l'angelo che mi è al fianco?
Nel paese illuminato dalla luce dell'alba, alla fermata del bus si ritrovò accanto a diversi piccoli studenti, da quali però prese subito le distanze. Il bus stava tardando e i bambini immaginarono che lui avesse avuto un incindente. Si domandarono chi avesse ferito del paese vicino e chi no. Nel frattempo a lui tremò il mento. Temette per il suo ritorno a casa. Questa situazione non promette nulla di buono, pensò. E' diventato tutto troppo difficile. E in maniera troppo rapida.
Con gli occhi serrati vide il bus entrare nel paese. I bambini fecero ressa attorno ad esso, si compattarono al margine della strada, rischiarono di buttarsi l'un l'altro sotto il bus. Ma no, disse, abbassò la testa e fissò le tracce dell'acqua di cui s'erano inzuppate le sua scarpe durante il lungo cammino. In qualche modo, stabilì, tutto andrà per il verso giusto.
Prese una carta stradale, respirò l'odore dai bambini, qualcosa che sapeva di latte rappreso, di ammorbidente e di gomme da masticare alla frutta, passò attraverso forti grida e risate, finchè in fondo al bus pieno scoprì un posto occupato solo da uno zaino.
La ragazza che sedeva nel posto accanto allo zaino reagì con riluttanza quando egli, sedendosi, spostò lo zaino verso di lei. Sebbene non fosse grasso, sporgeva sul corridoio. Molto volentieri avrebbe voluto spingere ancor più in là ragazza e lo zaino verso il finestrino, oppure sollevarli sopra di sè e sistemarli nel corridoio per avere così un posto libero alla sua sinistra da poter indicare. Guarda, avrebbe detto, non sono ancora pronto per una fine, dunque non può esserci alcuna fine. Come povrebbe presentarsi così rapidamente una fine, quando ancora non c'è stato un vero inizio?
Intanto però afferrò la ragazza sollevandola sopra di sè, tirò la giaccha di un'altra ragazza che sedeva alla destra del corridoio e gridò qualcosa. Basta con questo chiasso, disse. Occupatene dopo, ora non va bene. La ragazza si voltò, spinse il fianco contro lo zaino, difendendo il posto. Lui spinse altrettanto. Origliò cercando ci capire se l'angelo non fosse già lì a cercare un posto e non fosse rimasto schiacciato.
E' necessario un rinvio, pensò. Almeno un'interruzione. Quel lento ritorno in bus stava avvenendo per lui in maniera troppo rapida. Seduto ma contratto, notò un leggero malessere quando divenne contemporaneamente molto stanco. Guardò oltre la ragazza e si immaginò per il futuro che il bisbiglio lo avrebbe raggiunto di nuovo, che l'angelo lo stesse disponendo per le circostanze. Oppure che il bisbiglio non lo raggiungerà più e che tuttavia egli sapeva trasformare la condizione di pena in tenacia e dunque doveva intendere il bisbiglio come ricompensa. Cercò di vedere il paesaggio attraverso il suo volto riflesso, finchè la ragazza le deide un colpo invitandolo a lasciarla scendere.
I ragazzi si riversarono fuori dal bus, si accodarono davanti alla scuola come volessero rimanere lì fino al pomeriggio, finchè non sarebbe diventato tardi abbastanza da dover tornare a casa. Che scialo, pensò, e si concentrò nell'ascolto dell'improvvisa pace, accompagnata da musica che proveniva da una radio e dalle chiacchiere di alcuni turisti.
Dal bus vide infine la boutique della donna, vide la merce illuminata in vetrina. Nel periodo che intercorse fino alla fermata riflettè se potesse essergli sfuggito un errore: se per caso avesse inventato lui l'angelo e avesse iniziato a desiderare quell'invenzione in fretta e furia più del dovuto. Chiuse gli occhi e si vietò di pensare troppo plasticamente all'angelo, per paura che ne potesse derivare una raffigurazione convincente.
Lentamente si diresse verso l'uscita seguito dai turisti carichi dei loro bagagli, e tuttavia sfruttò l'occasione per mettersi davanti a tutti al semaforo. Venne tirato per la manica da un signore più anziano il quale gli fece notare che stava in mezzo alla strada. Fece in modo che la mano si staccasse dalla sua manica e disse di sapere bene, certamente meglio di lui, quello che stava facendo. Tanto più che a quell'ora circolavano poche auto. Guardò l'uomo in maniera provocatoria e tuttavia fece alcuni passi all'indeitro finchè non notò dei piedi sotto i suoi e sommessamente si scusò. Quando giunse all'altezza della sua casa attraversò la strada e percepì come tutto ciò che in lui era leggero iniziasse a ruotare.
Tradotto da Vito Punzi