Dorothee Elmiger
Nata nel 1985 a Wetzikon, vive a Berlino. Corso di studi presso l’Istituto di Letteratura svizzera a Biel/Bienne, quindi un semestre presso l’Istituto di Letteratura tedesca di Lipsia.
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Videoritratto
Dorothee Elmiger
Invito ai temerari
(estratto)
Traduzione: Vito Punzi
Da parte mia ero spesso sola con i libri. Non c’era niente da vedere.
La mattina mi alzavo e facevo il caffè, mi mettevo davanti ai libri, li contemplavo, bevevo il caffè ed uscivo.
Più tardi ritornavo.
Non sapevo nulla dei libri. Da sempre se ne stavano nell’appartamento sopra la stazione di polizia. Non sapevo chi li avesse portati, non sapevo a chi appartenessero ora e a chi sarebbero dovuti appartenere successivamente.
Lessi i saggi e i libri specialistici. Scritti di mineralogia, libri sulla navigazione, il secondo volume di Compendio di storia dalle rivoluzioni borghesi fino al presente, un’introduzione all’astronomia, I mari del mondo, due tomi sugli uccelli d’Europa e Alaska – Mexico (9148 miglia da Anchorage fino ad Oaxaca). Il deserto vive, Winston Churchill, Le piante, volumi 1 e 2. The Beauty of America, Isole dell’Atlantico. Angers sous l’occupation. Volo sulle Alpi, con 191 foto di aviatori ed una tavola a colori da un dipinto di F. Hass. Miracoli da tutto il mondo, volumi 1, 5, 6 e 7.
Leggevo sul tavolo della cucina. Mentre Fritzi andava in giro tutt’intorno, io leggevo. Un patto che non avevamo mai concordato. Talvolta alzavo lo sguardo dal tavolo della cucina e lei in quel momento era fuori, lontana, e stava attraversando senza fretta i campi. Sebbene lei camminasse lentamente un giorno arrivò fino a St. Beinsen. Mi sono orientata con i binari, disse quando rientrò.
Accumulai i libri sul tavolo della cucina. Avviai ricerche. Non ricordo quando, scoprii in una delle 191 foto di aviatori scattate da Walter Mittelholzer nel 1928 fiori piccolissimi che già conoscevo dal libro La pianta, volume 2. Nel sesto tomo di Miracoli da tutto il mondo mi vennero spiegati il metodo di costruzione e di funzionamento degli aerei. Il deserto vive era sconcertante e Walter Mittelholzer l’8 gennaio 1930 sorvolò il Kilimangiaro. Nel tomo 5 di Miracoli da tutto il mondo un capitolo sull’industria mineraria di Hanns Günther, il quale scrisse anche il Libro delle macchine volanti per giovani. Al suo interno: I possenti binari da trasporto che si trovano sugli scavi che portano perpendicolarmente sotto terra.
Trattenevo tutto ciò che valeva la pena memorizzare, di sera facevo un rapporto. Frtitzi ascoltava e obiettava ciò che ancora doveva essere detto. Per esempio, io dicevo: Joseph Conrad sul pilotaggio nel Mare del Nord: Non mi fido della mia giovinezza, del mio senso della realtà e delle mie capacità marinare, e Fritzi diceva di seguito che sarebbe andata a camminare col tempo cattivo, che avrebbe raggiunto una cima della regione e che non avrebbe provato alcuno stupore.
Noi sapevamo poco. Io non sapevo perché leggessi libri. Fritzi non sapeva che cosa dovesse essere detto. In estate ci immaginavamo solo all’inizio come sarebbe stato l’inverno: ci perdiamo tra le cime a causa della violenta nevicata!
Il caso di questo paese era singolare, la nostra situazione era inascoltata, non la ritrovai in nessuno dei miei libri. Quantomeno potevo fare sull’Atlante mondiale una croce a matita sugli strati di carbone, leggere il fuso orario nel quale ci trovavamo. Annotai i gradi di latitudine e di longitudine.
Anche i nostri giorni di nascita, Frtitzi Ramona Stein 17 aprile, Margarete C. Stein 25 settembre, Heribert Stein 4 luglio, Rosa Stein 5 gennaio.
Formandone una lista, annotai i titoli di canzoni.
Il fuoco mi raggiunge fino al ginocchio
Direzione est
Qui è in nessun luogo
Return To Burn
Noi sapevamo poco. Si trattava di serate cospirative, mangiavamo uova sode e insalata di porri. Conserva di pomodori, rape e sedani. Pelavamo patate. In cucina c’era subbuglio.
Lo scrivere era collegato a notevoli difficoltà, ci furono numerosi tentativi. Scrissi:
Fritzi Ramona Stein ed io, noi siamo la gioventù della città, le sole figlie di un comandante di polizia e di una rinnegata a noi per lo più sconosciuta.
Il nostro patrimonio è un territorio abbandonato.
Lì domina una grande devastazione cui non sappiamo come approcciarci.
Noi siamo da sempre le sue figlie.
Lei è la nostra gioventù.
Noi siamo arrivate troppo tardi.
Sebbene ci si dica che prima non c’era nulla di meglio e sebbene il comandante di polizia e i suoi assistenti non si comprendano su nulla se non sul pattugliare, sul citare con scarso entusiasmo i paragrafi e l’obbedienza cronologica, sebbene la mamma s’incammini da tempo solitaria, ci saremmo in ogni caso rallegrate della trasmissione di alcune indicazioni riguardanti il modo di trattare il futuro, un manuale per il lavoro: le rivoluzioni e il mare. Avrebbe potuto intitolarsi Sollevate i vostri pugni come antenne verso il cielo.
Ma venne impedita con successo ogni relazione tra i progenitori, tra eventuali vicende del passato e tra noi, la gioventù presente. Tutto ci è stato trasmesso solo parzialmente. Probabilmente il comandante di polizia amministra con il suo zelo anche la storia oppure giace tra le sue mani, è questa la mia supposizione. Rapporti sul passato si trovano alla stazione di polizia negli armadi per gli atti e nelle casse per gli incartamenti. Come statistica, come deduzione logica, come prova infallibile.
I tentativi di una cronaca. Lei doveva aiutarci in questo pasticcio. Io scrissi:
Tentativi di essere ubbidiente!, dunque di subordinare gli eventi ubbidendo a ciò che comunemente viene riconosciuta come storia. Dunque di subordinare gli eventi ubbidendo ad una cronologia, sebbene la cronologia significhi una spavalda semplificazione delle cose e per di più una relativizzazione e la rinuncia sostanziale alla contraddizione, alla formazione di bande e leghe non imparentate. Alla repentina apparizione della possibilità nello spazio.
Successivamente ho scritto:
Su la posizione dell’uomo moderno rispetto al suo passato.
Sul significato dell’antica demarcazione nel territorio, binari di trasporto, ingressi di pozzi, rotaie ferroviarie, cumuli di macerie. Sul significato delle più recenti e recentissime demarcazioni: crepe nel terreno, decorsi nel nulla, abbassamenti della superficie della terra.
Il territorio offre solo paura e terrore! Divora lepri, topi e furetti, pellicce comprese!
Infine cercai semplicemente di spiegarmi.
Questo è il racconto di una città che sta scomparendo. Dopo che decenni fa non è scoppiato nient’altro che un fuoco e che continua ad ardere nei cunicoli del sottosuolo.
Inoltre si racconta delle poche case che sono sopravvissute nella terra deserta, degli uomini e delle donne che le abitano.
La descrizione della vita delle figlie Stein. Dove e con quale forma esse giungono in questo mondo, che cosa loro vi vedono, vi imparano, vi sperimentano e vi digeriscono.
La gioventù legge libri e cerca un fiume. La gioventù immagina di incontrarsi in futuro sulla riva di un fiume. Non può ricordarsi dell’epoca precedente il fuoco, ma ci prova ugualmente. Si intraprendono viaggi. Un cavallo ci sbatte contro.
Nell’intera storia non c’è nulla di misterioso, per quanto talvolta essa ami far confusione e così facendo può inquietare spiriti spaventati, come del resto la vita stessa spesso fa. Questo, purtroppo, non lo si può evitare.
*
Era all’inizio di serata. Sotto c’erano due funzionari di polizia appoggiati al muro di casa e stavano parlando a voce bassa. Li osservai a lungo.
Durante quella sera avevo letto per la prima volta del fiume.
Il miei amici nel Missouri mi consigliarono di portare gli attrezzi per costruire canoe, così grazie a quel fiume avrei raggiunto il Pacifico.
Il fiume si allargava visibilmente davanti ai miei occhi. Il nome era Buenaventura. Correva tranquillo ed ampio, e tuttavia anche pericoloso. Talvolta mi sembrava aspro, appena scaturito dal fianco orientale della montagna, attraversò la calura meridionale, regioni subtropicali, Florida.
Mi ritrovai solo. Fritzi era in viaggio. Il padre H. Stein sedeva lì sotto, nella stazione di polizia. Non avevo ancora raccontato a Fritzi del fiume. Mangiai un pezzo di pane, poi mi sedetti di nuovo al tavolo.
Due padri missionari e un vecchio cartografo avevano scoperto il fiume nel 1776 durante una loro spedizione. Accadde in uno dei primi giorni d’autunno e il cartografo camminava probabilmente un po’ chino, poiché aveva dolore allo stomaco. Facendosi gesti con le mani i tre si accordarono per un nome. Il cartografo annotò velocemente il fiume e la sua posizione nei suoi disegni, poi proseguirono.
Nei relazioni presenti nei libri avevo trovato una carta del 1823 nella quale c’era un fiume chiamato Buenaventura che sfociava in un lago. Con spazieggiate lettere a china, a sinistra, TERRA INESPLORATA.
Quando guardai fuori dalla finestra i funzionari erano ancora lì. Non potevo vederli, perché l’oscurità era aumentata, ma sentivo le loro voci.
I confini occidentali di quel lago sono sconosciuti.
Spostai il fascio di luce della lampada sulla scrivania. Anni dopo, con altre spedizioni avevano reso accessibile quella terra desolata. Era stato sbagliato fiume e infine non lo si era più trovato, poi si era cercato di nuovo troppo a sud. Si suppose fosse più a est, lo si immaginò a nord, si dubitò della sua esistenza, buena ventura.
Nel 1844 J. C. Le-Mont ne escluse definitivamente l’esistenza. Neppure la sua spedizione per i rivelamenti geografici l’aveva trovato. Quando quello scrisse la relazione per il presidente del Paese definì questi giovane e parlò di comportamento impulsivo da parte di giovani uomini.
La sera Fritzi arrivò tardi in cucina. Appoggiò il suo anorak sullo schienale della mia sedia. Continua a fluire la corrente davanti ai miei occhi. Dissi solo questo: secondo i miei calcoli il fiume Buenaventura scorreva ancora 240 anni fa tagliando trasversalmente questo territorio.
Fritzi annuì: allora dobbiamo cercarlo.
*
In quella sera:
Salii sulla mia moto e me ne andai in giro per la città. Mi accompagnò la grande inquietudine. La città era buia, da Elizabeth Korn c’era ancora una luce al primo piano, ma presto anche quella uscì dalla mia visuale. Lasciai la città dietro di me. cercai il Buenaventura a lungo e inquieto nel mio viaggio in direzione sud. In maniera inattesa la moto saltò d’improvviso sopra una traversina, poi tutto tornò come prima.
*
Fritzi si sedette muta accanto a me al tavolo della cucina, la sua sveglia aveva suonato da molte ore. I suoi capelli sparavano in tutte le direzioni.
Insieme guardammo in silenzio ciò che lì si chiamava cielo e ciò che un tempo sotto di quello era stata la campagna e che ancora lì si estendeva. Lontanissimi c’erano tre binari da trasporto, immobili nella campagna. I cavi d’acciaio continuavano a correre tesi sui rulli nel terreno. Tratti di rotaie che erano sprofondati nel terreno allontanavano dai pozzi. I binari da trasporto erano gli unici punti d’orientamento che quel territorio offrisse all’occhio. (E le colline? E le case, e le vie?)
Il distretto settentrionale del carbone ricordava solo se stesso: le discese degli uomini, con la fune, nella profondità, uomini che raccomdano le loro porzioni di tempo al Paese.
Le estremità delle unghie delle mie mani erano nere per la polvere di carbone. Anche se alla fine lasciassi questa terra la porterei sempre con me.
Fritzi parlò con circospezione del paesaggio insostenibile. Da tempo, disse, sto cercando di rendere a me stessa il paesaggio comprensibile. Disse: osservo i binari trasportatori che s’elevano al cielo, e osservo i tratti di rotaia che corrono sprofondando sempre più nel terreno, poiché scendono e scendono, osservo il cielo, perché anche il cielo forse è sintomatico, anche il cielo appartiene a questo paesaggio. Conto, disse, conto colori, il mio vocabolario s’esaurisce già dopo il marrone, il color oliva e il nero e se ci rifletto su mi rendo conto che questi sono tutti colori che si trovano qui. Osservo le poche case presenti nel paesaggio, collocate ad una distanza casuale l’una dall’altra. Caparbie e solitarie sorreggono i nomi delle loro strade ed hanno perduto ogni attinenza. Le precedenti case a schiera sono disposte nella lontananza di infinite e lunghe arterie e vengono preservate dal cedere grazie a cumuli di mattoni disposti di lato.
Disse, il Paese giace supino, non lavora più.
*
Nelle notti che seguirono sognai il Mekong. Il Mekong col tempo divenne sempre più largo. Al suo centro galleggiava un piccolo battello da trasporto, il suo carico erano due gabbie per polli. Al timone sedeva una donna con cappello. Dopo l’avvento dell’oscurità, quando la calura si faceva ancor più percepibile, si udirono voci di persone che si gridavano cose da una sponda all’altra, fino a quando fu notte piena.
Si fece mattina ed io scrissi su di un pezzo di carta:
Alla ricerca di un fiume.
Oh buena ventura!
Il procedimento: generosa ricerca nel territorio e nei libri sul passato e sul presente di quello stesso territorio. Interrogazione dei presenti. Possibilmente scavi archeologici.
Poi rimasi distesa nel letto e pensai agli animali del delta del Mekong. Piccole scimmie si stringevano ai tronchi d’albero, i pesci facevano il loro percorso, un enorme squalo del Mekong nuotò appena sotto la superficie ed una gru bianca gli volò accanto.
*
Trovai infine alcune notizie nelle scaffalature, incastrate tra i libri. Alcune fotografie: 4 dicembre 1908. 150 persone senza tetto dopo un incendio. Stanno sotto un albero brullo, davanti a loro due cavalli. Sullo sfondo nuvole di fumo e come se lì ci fosse della neve: cumuli di detriti e di cenere. Fuoco appiccato dalla società mineraria per arrivare direttamente alla venatura carbonifera sottostante? Lettere, notizie: 12 maggio 1902: sciopero. 3 ottobre 1902: 122 minatori in sciopero costringono i crumiri a fare inversione in un vagone ferroviario con la scritta L.A. Rilken Società Mineraria.
Una fotografia mostra la miniera di L.A. Rilken nel 1880 nella sua intera vastità. Fotografo: G. Schwarzer, Wildenstadt.
Area scavata nel 1963. Mammut Kohle AG. Minuscole scavatrici sullo sfondo.
Erik Danz, undicenne siede sull’enorme pozzo di ventilazione, 1959. Figlio del primo trombettiere della locale banda di ottoni, Karl Danz.
*
La grande ed occidentale Erg in Africa, la grande Erg orientale, la grande Erg di Bilma, Erg Igidi, Erg Rebiana, i deserti Erg Schesch, Fesan, i deserti Gapawa, Hamada del Draa. Hamada el-Hamra. Kalahari, fanno scendere i rami del vecchio bosso fino al terreno, i grandi deserti Kamaturi fanno marcire la mia barca fino al punto più profondo, ero assetato di fronte a loro, gli animali erano già crepati, alla fine avevano cercato qualcosa di liquido fin dentro il loro stomaco. I grandi deserti Karakum, Kysilkumm, Lakamari, Makteir, Masagyr, i deserti Moritabi, Mujunkum, Trarla si aprirono la propria strada, sulle Alpi lasciarono infine alcune tracce, Uaran.
*
Il libro L’elusione di singole parti della costruzione esistente o sulla sua rimozione di Hirsch e Elm era apparsa nel 1951 a Torino. Era nascosto nella cassetta del pronto soccorso dell’auto. Hirsch e Elm nella copertina del libro portano i cappelli, due giovani canadesi di 24 e 27 anni che si erano trasferiti in Italia. Presumibilmente, così dice il risvolto di copertina, studiarono statica e dinamica all’università di Torino e successivamente costruirono il grande ponte di Hölltobelbogen,
in Canada numerosi ponti in struttura d’acciaio per la ferrovia, in particolare, tra gli altri, così il risvolto di copertina,
il Rose-Blixt-Overpass,
il New Turnpike Bridge,
in Europa inoltre
il ponte di Hotzentötz,
il ponte di Weberschlucht,
un ponte ad arco in pietra grezza in un luogo non identificabile (Italia?):
ponte sul fiume Bonaventura,
così il risvolto di copertina.
Cercai sulle cartine dell’Italia che trovai nell’appartamento un fiume che si chiamasse Bonaventura. Allora, forse, così pensai, si sarebbe trattato di un equivoco, J.l. Le-Mont avrebbe trascritto erroneamente il nome del fiume invece che in Italia su di una carta sbagliata.
Ponte sul fiume Bonaventura.
Quando quel giorno chiesi a H. Stein di Hirsch e Elm, mi sottrasse con una presa da poliziotto il libro e lo gettò su di un cumulo incandescente di legno compensato dietro la stazione.
Fritzi fece spallucce. Elvis Hirsch?
*
Non ci rimaneva altro da fare che ricominciare continuamente la ricerca daccapo. Con corpi d’animali passavamo inquieti avanti e indietro da un locale all’altro dell’appartamento.
Il mio cronometro e il mio barometro erano ora in costante pericolo. L’inciampare di un mulo poteva distruggere tutto.
Fritzi scomparve nella vasca, io me stetti alla finestra della cucina, guardavo: Henrik, Dünkel e Schroeder nel parcheggio, mentre fumavano sigarelli. Heller stava usando l’aspirapolvere per ripulire la sua auto.
Mi sedetti nell’angolo buio. Lì nel deserto sentivo perfino il leggero canticchiare del fiume. Doveva scorrere davvero vicino, in un punto tra St. Beinsen e Wärgl, Hasseldorf, Ansburg e la linea di demarcazione. Alcuni fiumi scompaiono per riemergere poi solo in un altro punto, penetrano attraverso una cavità nel paesaggio carsico sotterraneo e in grotte tortuose. Fino a sfociare nel mar della Cina. Scorrono in direzione sud-occidentale e vicino ad un camping. Riemergono poi appena dietro l’aeroporto.
*
L’11 maggio di diversi anni fa entrarono in sciopero 7000 operai e operaie della Gut-Mut-Hütte di Wildenstadt. Inoltre in 10000 abbandonarono il proprio posto di lavoro a Belkenburg, ed erano 4000 a Usten. Seguirono scioperi a Hasseldorf, St. Beinsen e Oberfeldstadt, si scioperò in tutto il distretto carbonifero.
Negli stabilimenti d’estrazione vennero pattuiti accordi sulle future condizioni di lavoro. 91 delegazioni elette da oltre 20000 minatori ed impiegati iniziarono ad annunciare le rivendicazioni decise nella capitale.
*
Fritzi trovò a Usten un cavallo. Aveva strisciato nella sterpaglia sulla collina, l’aveva preso per la fondina, che era spezzata e quasi del tutto scolorita, e da Usten giù per la collina l’aveva portato fino all’incrocio dove un foglietto svolazza attaccato al semaforo, e il cavallo s’impaurì.
Le suggerii il nome Bataille, lei disse che quello era un nome probabilmente indicato per quell’ultimo cavallo nel deserto dell’Africa.
Pensai al mulo che aveva inciampato.
Forse dovrei scrivere abbastanza a lungo sul cuoio del cavallo e così verrebbe detto tutto l’essenziale.
No, no!, gridò Fritzi.
*
Andai a Usten, entrai anche a Hasseldorf, visitai Belkenburg, Hinterzell, St. Beinsen, Wildenstadt, attraversai Unterdorf, e una volta girai per Wärgl. Guardai ai margini dei boschi, sentii un grido d’uccello, in lontananza il ronzare della stazione del traforo a Wärgl, pensai al Mekong, al Nilo, al Rio delle Amazzoni, allo Jantsee, al Po e al Mississipi. Cercavo il Bonaventura.
Sopra la mia testa passò un albatro, ma non si posò a terra.
Percorsi tutte le vie verso sud e seguì i sentieri versi nord, camminai verso est e naturalmente verso ovest. Anche Fritzi aveva messo piede su quelle strade, mi anticipava a cavallo di Bataille, era corsa dietro di me, aveva incrociato il mio cammino ad intervalli regolari. Ci incontrammo casualmente ai margini dei boschi, nei più profondi fondovalle, presso i piccoli corsi d’acqua, stagni, pozze e guazze, ci incontrammo sotto i binari trasportatori e presso gli aeratori di miniera, fissammo un appuntamento nel campo giallo come la savana, perché noi eravamo alla ricerca del fiume.
E la luce salì e scese, e i giorni trascorsero in punta di piedi, un tempo era estate, poi arrivò l’autunno e presto sarebbe arrivato l’inverno.
Fuori Frtizi si avvicinò con il cavallo ad una fune sciolta. Il cavallo possiede un fiuto infallibile per l’acqua, aveva detto lei, le sue narici tremano ed eccitato volge la propria testa in una direzione dell’orizzonte.
Lì volò l’albatro.
*
Ci raggiunsero 41 edizioni del giornale per i minatori con il nome Sul pozzo volò un picchio. Ce l’aveva inviate il poeta Peter Wassermann, sebbene non ci conoscessimo affatto: ai figli e alle figlie di questo territorio, ai nipoti e alle nipotine, così aveva indirizzato il pacco con i giornali.
La carta delle edizioni più vecchie aveva preso colore, avevano quasi cento anni, altre erano più giovani di nostro padre, risalivano all’epoca appena precedente l’incendio. In alcune pagine qualcuno aveva scritto delle annotazioni con una matita cancellando delle righe, probabilmente Peter Wassermann:
Fiume presunto
aveva scritto una volta in un margine. Un’altra volta aveva scritto Rosa Luxemburg ed alcune frasi di Friedrich Engels. Nell’edizione numero 53 aveva sottolineato la parola domani in tutte le pagine, per un totale di 11 volte. Sul frontespizio del numero70 aveva disegnato i baffi con una penna a biro a tutti i 17 minatori visibili in una fotografia.
Una volta aveva scritto alcune righe su di un picchio accanto al titolo.
Vola il picchio
nella sera,
ci raduneremo al mattino.
Fritzi osservò riflessiva sul bordo di una brocca d’acqua. Ci raduneremo al mattino, disse lentamente,
ci raduneremo al mattino con il cavallo Bataille, con una mazza e con un ferro ricavato dalla montagna per ricordo?
*
Caro signor Peter Wassermann, scrisse Fritzi, che sedeva davanti alla brocca d’acqua in cucina. Noi, le figlie nel territorio, abbiamo ricevuto il Suo pacco. Il Suo pacco,
signor Wassermann –
Uscii dalla cucina e poggia il berretto nel corridoio. Sentivo già i passi del cavallo all’esterno.
Forse, pensai, dovrei scrivere abbastanza a lungo solo sul cuoio del cavallo e così verrebbe detto tutto l’essenziale.
No, no!, gridò Fritzi e disse: ovviamente parliamo della criniera di questo cavallo bianco. E parliamo anche della piccola ghiaia sul sentiero da qui a Hasseldorf. Parliamo dell’epoca appena precedente la notte e dei tempi notturni, del cambiamento della luce nel corso di un giorno, dei presagi dell’autunno. Parliamo dei foglietti che troviamo la sera nelle tasche dei nostri pantaloni e degli antichi sentieri nel territorio.
Sì! Parliamo degli antichi sentieri, degli ultimi arbusti al loro margine. Della piccola betulla. Della piccola betulla con sotto le foglie rotonde, al margine della città dietro la piscina. Delle delicate venature delle foglie circolari della piccola betulla. Delle case e delle capanne.
Ma questo non è abbastanza. Margarete! Questo non è abbastanza, mi senti?
Dobbiamo pensare anche alla criniera, in futuro, di questo cavallo bianco. Dobbiamo parlare del tempo successivo al risveglio, del cambiamento per il meglio della luce nel corso di una giornata, dei presagi del nuovo giorno, che sarà così come lo vogliamo. Di un fenicottero e di un passero e di una gru bianca, che tracciano i loro cerchi sul territorio. Delle zampe dell’albatro e delle figlie di Hemigway. Delle cerchie d’amici. Dei libri e così concludere che i pescatori si alzano e levano le barche. Degli orsi da circo che si catapultano con il trampolino attraverso la cupola del tendone. Del gatto selvatico che si costruisce una tana tra i cespugli. Dobbiamo incontrarci nella stanza più calda della casa! Dobbiamo sostenere a ragione che questa condizione non è quella definitiva. Non possiamo credere che le cose siano incontrovertibili!
Ora dobbiamo parlare anche delle vie sconosciute nel territorio, come di quelle di vecchia fama, finite nel dimenticatoio. Soprattutto dobbiamo parlare del fiume, del fiume Buenaventura, finché non lo troveremo. Per quanto ne possiamo essere ancora lontani!
*
Sulle rive del Buenaventura faremo progetti per il tempo che seguirà il lungo inverno. Progetti per creare rimedi a) per la nostra misera esistenza e b) per la nostra porzione marcita di Paese.
Progetteremo una conferenza che diventerà una festa debordante. In una canoa in legno ci avventureremo lungo il Buenaventura, che ci condurrà fino in Cina. Chiameremo nuovamente all’appello il Paese. Cavalcheremo a cerchio su Bataille e poi d’improvviso usciremo dal cerchio e scompariremo. Eseguiremo La malattia della gioventù di Bruckner in tante lingue ma non ci camufferemo. Inviteremo tanti ospiti, tra gli altri molti scienziati delle montagne, mineralologi, archeologhe, un’unità di vigili del fuoco, rappresentanti delle arti, i minatori di ogni continente, un tipografo, un gran numero di giovani temerari.
C’è a disposizione un albergo per Lei, scriveremo nell’invito ufficiale, si provvederà all’alloggiamento.
Scriveremo una lettera dopo l’altra: la grande festa! per il riscoperta del fiume Buenaventura! e ciascuna la infileremo in una busta.
All'Accademia dei
Mineralologi
Ad una Cappella Musicale di Londra che abbiamo ascoltato alla radio
Al già citato tipografo
Alla signora Erika Gerste e ai signori Hirsch e Elm
Ad una studente di geografia di Berlino e Freundenberg
Ad un geometra dell'allora DDR
Ai vigili del fuoco di New York
Ad alcuni vagabondi dell'Idaho, del Kansas e del Montana
A Norma Jackson, archeologa
Alla fotografa e cronista di guerra che ha studiato a Francoforte sul Meno
Ai poeti Wassermann, Leu e Becker
Alle croniste dei paesi dell'Africa occidentale
Al primo sindaco facente funzione di Reykjavik
Ai giovani di Atene
In qusto estratto sono liberamente citati: John Bildwell, Joseph Conrad, W. H.
Emory, John Charles Frémont, Godspeed You! Black Emperor, Hanns Guenther,
Deryl B. Johnson e Peter Wassermann.