Christian Fries

Nato nel 1959 a Duisburg, vive a Münster. Studi di filosofia a Colonia, studio del pianoforte a Düsseldorf, quindi studi di drammaturgia presso HdK di Berlino.

 

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Videoritratto

 

TDDl 2010TDDl 2010

 

Christian Fries

Hutmacher, privato

 (dal breve romanzo L’inserzione reichiana)

 

Traduzione: Vito Punzi

 

Spiegazione:

Wilhelm Reich: allievo infedele di Freud, il quale sostituì il colloquio terapeutico con la respirazione e l’allentamento dei blocchi muscolari ad opera del terapeuta. La bioenergetica e altre moderne terapie del corpo si basano sulle teorie di Reich.

 

Divorzio

 

Accade tutto molto velocemente. I miei fratelli non vengono informati. Io stesso alla fine sono pronto, quando vengo a sapere dai vicini: i miei genitori si sono separati. Poiché non sono riusciti a mettersi d’accordo su alcuni pezzi del patrimonio, così sento dire, li hanno distrutti di comune accordo. Questa è una buona soluzione, penso. Mio padre ha potuto salvare i libri per sé (ovviamente), mia madre, così sento ancora, ha preso con sé i vasi. Per quelli di certo nessuno ha litigato con lei.

Per mia madre non mi preoccupo assolutamente.

Mio padre invece è anziano e non sarà così audace da sposare la signora T.!

In questi giorni siedo molto sul cesso. Non so che cosa sia: a volte accade che i ruscelli marroni fluiscano fuori di me, semplicemente così, poi di nuovo i pasti non si fermano nel mio stomaco neppure per mezz’ora e finisco col vomitare tutta quella roba acida e puzzolente. Non sono cose molto gradevoli e talvolta accadono contemporaneamente. Per quest’evenienza non ho preparato alcun sacchetto di plastica. Studente d’arte drammatica come sono, dovrei poter approcciare quelle tempeste dell’anima muta in maniera più preparata di quanto non faccia! Penso ai tanti buoni consigli che ho ricevuto nella mia vita, ed ora?

Anastasia, studentessa d’arte drammatica come me e come me aderente all’inserzione reichiana, mi siede di fronte in maniera straordinariamente retta – una regina! – e con lo sguardo di lato diretto verso il basso.

Lei attende che io parli.

“Ma sì”, alzo le spalle e sorrido timidamente, “è interessante che la separazione dei genitori possa riguardare in questo modo un uomo adulto con una certa esperienza di vita”.

Anastasia fa una smorfia di delusione con la bocca.

Io so perché.

Lei verrebbe più volentieri a letto con me, il teorizzare è solo una debole compensazione. Ma non posso farci nulla, Anastasia non è il mio tipo.

“E’ davvero interessante”, ribadisco. “Di questo potremmo un po’ discutere, non credi?” Poiché tra i punti di vista di Reich non ce n’è alcuno che possa essere utilizzato contro la mia proposta, lei annuisce con riluttanza. “Alla fine è quasi una prova”, dico supplichevole, “di ciò che abbiamo sempre saputo e che forse non volevamo accettare, cioè che l’io è solo una sottile crosta che si rompe subito non appena le condizioni cambiano”.

Anastasia iniziò a piangere.

Tacqui.

 

Carriera fulminante

 

I cambiamenti che avvengono nelle relazioni di vita della mia famiglia rendono difficilmente possibile il fatto che io possa occuparmi in maniera adeguata delle mie questioni (professionali).

Eppure pare che io abbia afferrato una serie di casi fortunati.

Vengo invitato a diversi appuntamenti per audizioni.

Gli intendenti sono entusiasti della mia esecuzione. “Signor Hutmacher”, dice uno di loro, “se riusciremo ad averla per il nostro teatro potremmo anche pensare ad argomenti più difficili. L’intelligenza purtroppo non è la qualità prioritaria degli attori che bussano alla nostra porta”.

“Questo è un pregiudizio”, dico bruscamente, perché la buona posizione che mi sono guadagnato con le mie prestazioni mi consente di prendere le difese dei miei colleghi.

“Tanto di cappello”, dice impressionato l’intendente.

Cerco il mio hotel.

Cado immediatamente in un sonno profondo.

“Ora dormo con te”, dico a una giovane donna.

“Solo a distanza”, dice lei.

Prendo un bastone con un piccolo tappo di gomma e le apro la vagina mantenendomi alla distanza da lei desiderata. Il piacere resta in ogni caso limitato. Nessuna meraviglia, penso.

“Questo è già troppo”, dice all’improvviso la donna. Sarchia il suo bassoventre e me lo porge.

Stizzito getto via il bastone. Per protesta mi masturbo. E penso: chiederò a sua madre (o alla mia) perché la sessualità funzioni solo a distanza. Loro devono saperlo, hanno commesso il crimine!

“Santo cielo”, sento dire dalla giovane donna mentre mi sveglio (senza essere venuto).

Tra un ora parte l’aviatore.

 

All’accademia

 

All’accademia mi odiano.

Appena tornato dall’audizione da V. scopro che il mio armadietto è stato forzato. Mancano gli appunti per le lezioni. Sospetto di Kai, che vuole scrivere un libro sull’uso del lavoro di base svolto da Reich per la recitazione e vorrebbe sottrarmi le tesi sostanziali da me elaborate sulla questione! Fortunatamente gli appunti li ho da tempo ricopiati, dunque vedremo chi per primo scriverà il libro…Ma manca anche la scatola di preservativi che avevo sistemato lì dall’inizio dei corsi. Di quelli se ne sarà appropriata Anastasia. La scatola era aperta. Ma sarebbe un errore tirare conclusioni da questo sulla mia attività sessuale. Due preservativi li avevo dati al docente di acrobatica, uno al custode, uno l’ho usato io per tristezza, masturbandomi. Anastasia s’incapponirà chiedendosi con quale studentessa, per esempio della classe di scenografia, fossi stato sotto la doccia.

Vedo il suo viso pieno di rabbia di fronte a me!

Il rifiuto (invidia!) dei commilitoni mi rende ostinato. Così rifiuto – certo, per ostinazione! – le diverse offerte da parte di teatri di prim’ordine e sottoscrivo piuttosto per una serie televisiva mediocre ma molto nota, come pure per due film altrettanto, se non ancor più mediocri.

Dico spavaldo: “Ora si comincia”.

E tuttavia continuo ad andare a lezione.

Che devo dire?

Sono del tutto cosciente della mia impostura (come attore). L’improvviso salto di carriera è davvero del tutto inspiegabile! Anastasia, che nonostante tutto è l’unica persona con la quale faccio scambi, dalla quale in una certa misura dipendo, non perde occasione per accennare, con le sopracciglia sollevate, al fatto che nel nostro lavoro, spesso già tra i più giovani talenti in erba ci siano molti arrivati, arrivati molto dotati, che per questo motivo è di fondamentale significato sapersi sempre evolvere con piena coscienza, e, certo, sottoporsi periodicamente al giudizio critico di sperimentate forze pedagogiche, in particolare quando la propria forza di giudizio non è sufficiente per disegnare un quadro realistico delle proprie facoltà – ho un sussulto (ed annuisco)…

Ma la lezione diventa la pena delle bacchette.

Recito una scena (male), sento distintamente qualcuno dire: “Dovremmo andare tutti in televisione, lì sì che s’impara qualcosa”. Di chiunque si tratti, in ogni caso ha quelli che ridono dalla sua parte.

 

Riunione di crisi

 

Oscuri in volto i miei fratelli ed io sediamo l’uno accanto all’altro.

Mia sorella ci ha pregato di andare da lei.

I toast escono ad intervalli regolari dal tostapane. Mio fratello spalma su ognuno di quelli burro e formaggio fuso, e se li sbafa. Mia sorella non prende nulla per sé, se non erba cipollina. Mi attendo che mi offra riso al latte. Lo fa sempre, quando (piuttosto di rado) sono da lei. Oggi l’ha dimenticato. Forse pensa che nel frattempo sono diventato troppo grande per apprezzare il riso al latte. E penso che in effetti lo sono. E tuttavia mi rallegrerei del riso al latte.

Non mi viene offerto alcun riso al latte.

La nipote entra in camera con un gran piagnisteo.

“Dormi”, dice mia sorella, “e chiudi quella boccaccia!”

Mio cognato è uscito dalla vita di mia sorella. Poiché mia nipote gli assomiglia è costretta a digerire un bel po’ di cose da parte di sua madre. Non ne conosce il motivo ed ha deciso di diventare un carattere difficile. Posso capire i suoi sentimenti, e tuttavia non mi piace.

“Che fare?”, dice mio fratello. “Manca l’energia che dà il ritmo”. Si riferisce a mio padre, ma in quel momento riguarda piuttosto noi. Non possiamo revocare la separazione dei nostri genitori. Siamo molto speranzosi circa il fatto che nostro padre possa risposarsi.

“Tu potresti spiarla un po’”, dice mio fratello, svogliato, avvolto dal silenzio.

Non è un compito emozionante. “Perché io?”, chiede di malumore.

“Tu hai tempo per fare una cosa del genere”.

Che sfacciataggine! Mio fratello crede che gli attori abbiano una vita facile. Di sera sono sul palco, di giorno bighellonano e si caricano della croce di andare a ficcare il naso nei cazzi degli altri. Assecondo la richiesta degli altri e tratteggio il carattere (a me purtroppo anche troppo noto) della signora T.. E’ avida di potere, e in questo assomiglia a nostra madre…Ciò che la distingue da lei invece è la cattiva coscienza. Quando la signora T. abbassa i pantaloni cade subito sulle ginocchia, per umiltà, non perché il vecchio possa penetrare meglio ovunque. Come tutti i bambini di Dio, che sono anch’essi peccatori, d’altra parte lei non è immune dall’essere superba. Sì”, annuii truce, “l’umiltà è superbia. Per il resto so solo che ha smesso di fumare, che beve vino rosso e che le dispiace di essere venuta al mondo come donna”.

Mio fratello prende appunti.

“Dobbiamo evitare a tutti i costi questo nuovo legame”, disse all’improvviso torcendo la mani con insistenza.

Poiché nostra sorella ha concertato così, prendiamo contatto telefonico con mia madre. La cornetta se ne sta diritta sul tavolo (come un membro maschile, penso io). Abbiamo inserito il vivavoce e origliamo le sue parole. “Se lui pensa”, la sentiamo inveire al telefono, “che ora io mi cibi delle briciole di pane che lui mi invierà come mantenimento si sbaglia. È un bene che io negli ultimi anni mi sia aggiornata professionalmente”. Non potrebbe prendere sul serio il suo servizio sociale all’interno della comunità parrocchiale evangelica? “Ne resterete stupiti”.

Mia sorella chiude con cautela.

Restiamo in silenzio.

“Qualche volta capisco nostro padre”, dice mio fratello.

“Probabilmente”, dico, “ha seguito un corso in televisione e noi che pensavamo che se ne sedesse in camera a contare i fiammiferi”.

Mia sorella mi chiede se deve cucinarmi del riso al latte.

Scuoto la testa.

Si percepisce un piccolo terremoto.

Per un attimo restiamo sbalorditi, poi ci viene in mente che le scosse telluriche sono state pronosticate dall’Istituto Meteorologico. Ci avviciniamo alla finestra, come se ci fosse qualcosa da vedere. Mio fratello si mette sotto l’architrave della porta. “Solo per l’eventualità che gli effetti siano più devastanti di quanto annunciato. Se così fosse, sotto l’architrave di una porta si hanno le maggiori probabilità di sopravvivenza.

Mia nipote si fa avanti piangendo.

La prendo in braccio. “Non devi avere paura”, dico. “Se la casa crolla ce ne andremo tutti insieme”. Mia sorella ride. Oggi è davvero spietata. Sarà perché anche con noi non c’è chi abbia pietà. D’improvviso gli occhi dei miei fratelli maggiori s’indirizzano verso di me.

“Che rendita ti aspetti?”, sento chiedere.

Sono sconcertato. Che diavolo hanno in testa?

Cito arbitrariamente una cifra. Lo so, è più alta rispetto a ciò che ci si deve aspettare. So che è più bassa rispetto a qualsiasi cifra che i miei fratelli possono immaginare.

I visi sbiancano. 

Spiego fino a che punto sono arrivato con lo studio – nessuno dei due se ne è mai interessato! -, come debbano essere inquadrate oggigiorno le prospettive, aggiungo che quello della cultura è uno degli ambiti più disprezzati e meno sovvenzionati della società, che all’ordine del giorno ci sono delle fusioni tra teatri, che le vacanze sono una rarità, che si farebbe una figura piuttosto ridicola (dico proprio così!) qualora si volesse tirare la sorte di un posto in uno di quelle imprese cittadine d’intrattenimento che vanno sotto il nome di Teatri Comunali. E questo in fondo, proseguo per viltà e per vedere fino a che punto i loro visi possano ancor più sbiancare, non è affatto mio obiettivo diventare membro dell’ensemble di un Teatro Comunale. “Preferisco”, dico, “progetti di teatro sperimentale che non scialacquino denaro e diano piuttosto soddisfazione”. Forse nostra madre (sono fuori di testa!), qualora si trovasse presto in una posizione più influente, e qualcosa lo lascia intendere, potrebbe trovarmi un posto da custode. Così avrei tempo per riflettere, verrebbe assecondata la mia ignavia, e probabilmente, con un posto simile mi sarebbe consentito l’accesso a spazi che, secondo accordi o senza alcuna intesa, potrebbero essere utilizzati per prove teatrali. “Sarebbe una vita al minimo esistenziale”, dico raggiante. “Proprio per questo motivo”, aggiungo, “non dovete temere di vedermi un giorno davanti alla vostra porta di casa”.

Mio fratello dice con voce lieve: “Devi adattarti alle situazioni”.

“Lo so bene”, ribatto gelido.

Per un attimo restiamo in silenzio.

Ora tiro fuori dalla tasca il contratto per il film che ho sottoscritto ieri.

In un batter d’occhio si capovolge il foglio.

Mia sorella, le cui guance arrossiscono per la foga, apre una bottiglia di champagne che teneva in frigorifero, perché dopo la fuga di suo marito aveva supposto impropriamente che lui, ravveduto, sarebbe tornato già il giorno dopo! Mio fratello ordina la pizza, è il suo piatto preferito! Mia nipote viene svegliata dal rumore e non capisce bene cosa stia succedendo e tuttavia trova che la mia firma in calce al contratto non possegga alcun brio. Prima che le si dica che diventerò presto una star lei lo capisce da sola. Ora vede nuovamente suo zio sotto una luce del tutto nuova e non la lascerò per tutto il resto della serata. Nomino ancora una volta, canzonatorio, la (finta) attesa della pensione! “Ci hai proprio bidonato!” Dovrei essere (e lo sarei volentieri) più rancoroso di quanto non sia. Ma il buon umore è contagioso. Dico: “Il palcoscenico sperimentale me lo compro con il cachet per la serie televisiva”. Perfino mio fratello assicura che si godrebbe la visione di quello che potremo mettere in scena nel “cortile interno”. Provare gioia nella sperimentazione non offre alcuna garanzia di successo, tuttavia – penso di non credere alle mie orecchie! – è in ultimo luogo il nocciolo di qualsiasi sviluppo umano. Abbiamo dimenticato i nostri genitori. Meglio così, pensò per un attimo e mando giù un pezzo di pizza.

 

Davanti al museo

 

Sto andando a caccia. Dall’angolo della via accanto al Karstadt posso già vederlo. Siede nella piccola torretta di guardia davanti al museo, tutto preso dalla sua lettura. Potrei svignarmela di nuovo…

Porto un paio d’occhiali da sole. Il poliziesco raggiungeva uno share del 17%, una persona su sei poteva riconoscermi. Poiché sono fresco di notorietà, potrebbe risultarmi fastidioso, ma dipende dalla situazione.

“Che cosa leggi?, dico spicciativo e mi avvicino a lui nella torretta di guardia.

“Un bel posto”, risponde lui.

Annuisco.

“Finché qualcuno non mi caccia via. Ma perché dovrebbero farlo – ad un vecchio pensionato…Il direttore del museo si è già rivolto a me. Con alcune conoscenze potevo essergli utile nel suo campo di specializzazione. Questo, credo, l’ha reso ben disposto. Ovviamente non ha voluto assicurarmi per iscritto alcun diritto alla permanenza, ma si vedrà che cosa se ne potrà fare…”

“Qual è il suo campo di specializzazione?”

“Gli happenings negli anni Sessanta”.

“Te ne intendi?”

“Ho bluffato, come sempre”.

Osserva orgoglioso, questo è il suo lato monellesco. Ma poi si fa serio. “Solo in queste cose”, dice indicando il libro, “non si può bluffare, qui tutto viene consultato nella maniera più esatta. Non si concede alcuno sconto!” Afferra l’involucro con il pane imburrato che ha appoggiato sul ventre e ne tira fuori una fetta. “Ha l’aria di essere appetitoso”, dice visibilmente rasserenato. “Sai”, continua, “non sono mai sicuro che questo mi aiuti ad essere un docile studente. Sono in condizione di descrivere senza errori la derivazione kantiana delle categorie aprioristiche, così lei si è piuttosto arrabbiata ed una chance più importante è saltata”, arrossisce, “Faccio sesso quando sono maldisposto. Questo pure è bluffare, non trovi?” 

Taccio.

Mio padre solleva l’indice. “Sono sorpreso per tutto quello che è stato detto, comincia ad interessarmi. I filosofi non li ho mai presi troppo sul serio.”

Così stretti l’uno accanto all’altro nella torretta di guardia, uno di noi con un pezzo di wurst tra i denti (e molliche di pane sulla giacca) sembriamo probabilmente una vera coppia di comici. Da tempo non mangiavo così vicino a mio padre e la cosa mi piace, come piace a un bambino piccolo.

Questi sono davvero sentimenti insospettabili!

“Starsene così sprofondato in un libro, a qualcuno può fare davvero bene e risultare protettivo”, dice mio padre.

Il traffico del centro città si spinge fino a noi.

“Procedo subito con i seguaci di Kant. C’è una sfilza di nomi dimenticati. Jacobi, Fries…”

In maniera imprudente mi sono tolto gli occhiali da sole. Si ferma una donna: “Lei non è…?” Mi concedo al popolo, presento mio padre. “E’ un uomo colto, in origine uno storico dell’arte. Per mantenere la famiglia, noi bambini ed una moglie esigente ha preso su di sé il pesante carico di un’esistenza da pedagogo. Ora si sta impratichendo di filosofia, e questo per motivi personali sui quali potremo esprimerci più diffusamente in un'altra occasione”. Rimando al talk-show della domenica a venire. Mio padre è sorpreso, non ha saputo nulla della mia carriera lampo. “L’ultima volta che c’eravamo visti eri ancora incerto se, al posto di diventare attore, dovessi intraprendere il percorso professionale per diventare un terapeuta reichiano”.

Un giovane ha sentito l’espressione “terapeuta reichiano” e scoppia a piangere e, avendomi riconosciuto, entusiasta per la mia interpretazione (nel poliziesco) mi bacia la mano. Ovviamente trovo questa cosa del tutto esagerata, ma è una bella emozione quella che lui stava provando in quel momento e io non voglio disturbare quel flusso d’energia. Attimi come quelli possono cambiare una vita intera, anche se nessuno lo capisce.

Per una felicità improvvisa di cui io non so nulla, mio padre inizia a canticchiare una canzone agitando ritmicamente il libro chiuso nell’aria. Se decifro correttamente le lettera danzanti, si tratta de La critica della ragione pratica.    

Non propriamente un bestseller, penso.

Ora ci sono attorno a noi una dozzina di persone. Mio padre ha iniziato a parlare della tettonica dei vasi greci. “E’ semplicemente il mio campo di competenza, ci si sente subito meglio”, mi sussurra. Da parte mia ripeto più volte il gesto col quale nel film poliziesco caccio dalla sua poltrona il questore, quello che è piaciuto molto a tutti. Ora passanti, sempre più allegri, iniziano a mostrarsi l’un l’altro ciò che hanno comprato, confrontano i prezzi e indagano le rispettivo motivazioni all’acquisto. C’è un gran can can allegro e a mio padre non viene in mente neppure per sogno che io debba rimettere gli occhiali da sole e svignarmela.    

“Un hurrà”, sento proporre, ma non so più a chi fosse dedicato.

La signora T. non sposerà mai e poi mai mio padre.

 

Sbandare

 

Le coordinate della mia esistenza sono completamente slittate. Mi muovo ancora incerto.

Che razza di esigenze mi si sono presentate!

Sebbene i commilitoni mi odino, l’uno o l’altro – per lo più uno delle classi inferiori, i miei compagni di classe non si fidano – mi prende da parte e chiede se gli posso dare il numero privato di Jaroslav Kauz, che, come tutti sanno, riguardo alla serie Willi saprebbe come! tiene tutti i fili in mano. Io dico: “Per contratto non sono autorizzato a darlo” e dispiaciuto faccio spallucce. Sì, gli stessi docenti non hanno paura a comportarsi d’improvviso così come se si intendessero bene con me. Ora li considero da un punto di vista del tutto diverso. I nostri docenti sono davvero dei buoni attori? Chi lo sa. Anastasia non può decidersi se la nuova situazione possa essere occasione per intensificare le promozioni pubblicitarie intorno a me, oppure se distaccarsi caparbia giocando il ruolo della regina tradita. Una volta dormo con una ragazza della classe delle matricole (davvero!). Mi vergogno, tanto più che a causa della masturbazione della mattina non sprizzo propriamente energia sessuale, e tuttavia è eccitante (e questo compensa un po’ la debolezza). La cosa emerge quando nel corridoio dell’accademia le racconto come funzionerà il provino a V. e che l’attore K., che lei ha visto (e che lei stima particolarmente), mi ha abbracciato cordialmente dopo l’interpretazione di Lund ne L’anima del bottegaio. Non escludo che quella mattina risultassi particolarmente attraente. Il successo rende attraenti, questo lo sanno tutti. Ma il vero nesso non è trascurabile. E quando nella piccola stanza del custode, dove lei mi trascina, lo facciamo in piedi (non è la mia posizione preferita) ed il suo orgasmo non riuscirà bene (anche a causa della posizione), devo raccontarle una seconda volta, sussurandole piano con la bocca sulle sue guance, come mi abbia abbracciato l’attore. Mentre le menziono i peli che gli crescevano sulle orecchie, lei viene.

Lascio che le cose facciano il proprio corso.

Ciò che fa piacere fa piacere. In questo c’è ben poco da sbattersi, per quanto possa fare ancora male!

Quando più tardi la incontro in una assemblea generale lei mi saluta in maniera esuberante e mi consente, in mezzo al gruppo dei compagni di classe, di raccontarle per la terza volta la storia dell’attore. Le faccio una gentilezza, ma aggiungo qualcosa di maligno: “Quello sì che è un attore che attira donne non appena lo si nomini” – e questa frase solleva subito un’ondata di sdegno e ancora settimane dopo mi viene rinfacciata durante i colloqui con la rappresentanza degli studenti organizzati…Anche Anastasia è sdegnata quando glielo racconto. Di nuovo non posso difendermi dal pensiero che anche lei abbia difficoltà d’orgasmo – altrimenti per simili bambinate non avrebbe fatto altro che un’alzata di spalle!

Sento che ciò che sta accadendo mette seriamente in pericolo la mia stabilità interiore, rode, strapazza, sega le fondamenta. La separazione dei genitori, l’improvviso salto di carriera! Nulla è più com’era prima. Dove sono più i tempi passati, quando Wilhelm Reich mi donava sostegno interiore (e significava qualcosa per me)? Mi sono perso, perso, perso…

 

Che ne sarà di mio padre?

 

Anastasia mi chiede perché mi sono così incaponito nell’impedire il matrimonio di mio padre con la signora T. La questione è che dovrei chiarire questo (oscuro) punto, è in ballo la mia capacità di instaurare rapporti sentimentali. Certo lei non domanda in forma disinteressata. Ma la posizione di Anastasia nella vita non è rosea, quando posso, senza smentirmi troppo, voglio dare il mio contributo al chiarimento del suo animo. Prendo dunque (per la gioia di Anastasia) l’ora da tempo programmata presso l’esperto terapeuta reichiano. Quando gli espongo il mio desiderio (in una certa misura annoiato) lui s’impressiona. “Di regola vengono clienti con indeterminati dolori al ventre. Tuttavia Lei ha posto una domanda chiara e vuole una risposta altrettanto chiara”.

Respiro – lui dice: “Respirare, semplicemente respirare…” – e alla fine dell’ora il risultato è il seguente: il bambini vogliono dominare in eterno i loro genitori e non sopportano che quelli abbiano una loro vita.

Ora sono io ad essere impressionato.

Che razza di rivendicazione di possesso!

Ma il desiderio di trattenere nostro padre da quell’atto arbitrario (così dico a me stesso pensando) non è il risultato della preoccupazione per il suo bene? Che ne sarà di mio padre se la signora T., attraverso il matrimonio, lo legherà allo scranno dei filosofi? Gli si potrà raccontare ancora uno scherzo? Se ne uscirà fuori ancora, con cose impossibili e – un esempio! – chiederà ancora al pastore della comunità come ci si debba immaginare concretamente, dopo che Davide ha battuto in battaglia i filistei, il suo ritorno in patria? Chiederà ancora, come raccomanda la Bibbia in Samuele 1.18;25 e ss., se siano stati trascinati prepuzi mozzati, nel numero di almeno duecento, oltre confine, se sia stato Saul stesso a contarli, perché quello era il prezzo pattuito per sua figlia, e se quelli, i prepuzi, poi siano stati mangiati collegialmente per dar gloria a Dio?    

No, temo che tutte queste cose sarebbero perdute!

È in gioco il suo carattere a noi familiare (e più attraente).

 

TV

 

Uno dei prossimi giorni…Mi prendo con animo dimesso il mio cibo notturno, faccio zapping con i canali della TV, provo la qualità del nuovo schermo gigante che Anastasia ha sistemato nell’appartamento, pagato con i miei soldi, chiaro, perché lei, penso maligno, al momento non è altro che una studentessa di recitazione, “povera come un topo di chiesa”, dico a voce alta (e mi chiarisco una volta di più, con corruccio interiore, quanto nel frattempo abbia ceduto ai corteggiamenti di Anastasia, il televisore rappresenta il danno minore…), penso che nel manicomio, la cui direzione, come nel frattempo abbiamo saputo, ha assunto mia madre, attorno alla mezzanotte i malati iniziano a urlare e scuotono le sbarre (di certo una fantasia irrealistica e scaturita dalla mia interiorità!) – e proprio in questo momento mi accorgo della signora T. sullo schermo.

Impossibile!

Che cosa vuole questa donna dall’opinione pubblica?

Ho un’intuizione: ancora una volta qualcuno cerca di trarre profitto dalla mia carriera lampo! “Nietz-sche”, ha appena detto lei con lingua tagliente e con un forbito ed acuto suono sibilato – lei s’immagina che sarebbe diventata una grande attrice, se solo l’avesse voluto, questo gliel’ha raccontato mio padre durante un’ora silente (un’ora a letto!)…- “Nietz-sche sapeva già che solo un fortemente limitato orizzonte di coscienza rende possibile una vita felice. Lo sapeva perché lui stesso era incapace di una simile vita. E anche io lo sono”, sorride da vincitrice al moderatore dello show televisivo, “non è concesso trovare la quiete interiore di un uomo, al narcisismo, ignoranza, cecità donano una buona coscienza, cosa che lui fa sempre”.

Ora lei ride a voce alta, si piega improvvisamente in avanti e sputa – vedo bene? – una caramella alla menta piperita che aveva fatto circolare tra i denti.

La telecamera segue la caramella.

Eccola, una Vivil!

Sono indignato. In fin dei conti lei, penso all’improvviso, appartiene in qualche modo alla famiglia e tutto questo getta una cattiva luce su tutti noi. “Potete credermi”, prosegue lei tirando dritto, “l’intera questione di cui stiamo parlando provoca in me la massima pena. Per come mi è arrivata alle orecchie – e non ne dubito neppure per un secondo – il mio ex marito si è presentato con la pistola al mio nuovo partner e lo ha sfidato al bordello…scusate!”, ride sfacciatamente, “…a duello! Ero atterrita. Mia figlia – bene, parliamo di lei - , anche perché si è immischiata mia suocera, una nobile decaduta ma cosciente del proprio stato, una che ha beneficiato di un’educazione elitaria, in ogni caso mia figlia storce il naso quando sente che il suo…- come lo chiamiamo? – il suo fratellastro guadagna il proprio denaro nell’industria cinematografica. Io stessa, che da ex insegnante conosco e stimo le sue capacità intellettuali, provo un forte senso di colpa quando penso che lui, a causa dei dissestati rapporti familiari dimentica di continuare a coltivare il suo talento filosofico, che è eccezionale, ripeto, eccezionale, e invece che a quello corre dietro a questa professione che è evasiva nel significato più profondo, a questo lavoro nel quale si può solo far fallire la propria personalità, questo lavoro che è nulla”, si agita d’improvviso con una verve sorprendente, “come puro narcisismo, che rinuncia in germe a qualsiasi possibilità di svilupparsi moralmente, che Platone non inutilmente voleva fosse bandito dal suo Stato, poiché a che cosa serve un uomo che recita, recita, recita…”

Spengo.

Respiro, ansimo, esplodo.

“Dovere e inclinazione”, urlo.

E non ha portato un Push-Up così che al moderatore cadano gli occhi dalla testa!

Basta!

La questione principale è che lei non erediti per vie traverse la casa.

Inizio a riflettere. Mettiamo che lei sposi mio padre, mettiamo il caso che mia madre…e…e…

 

Studio comparativo

 

Per tutta la mattina lavoro ad uno studio comparativo su Nietzsche e Wilhelm Reich. Ovviamente si tratta del riflesso rabbioso alla folle, indiscreta e ridicola entrata in scena della signora T. nel talk-show televisivo.

La questione si presenta più problematica di quanto immaginato, perché in sostanza non c’è alcun punto di confronto. Se fosse stato Adler, invece di Reich, nessun problema, ci sarebbe materia per procedere. Fosse stato Freud al posto di Reich, quantomeno si potrebbe speculare sul significato che Nietzsche ha avuto per Freud, perché in quanto intellettuale viennese di fine secolo avrà almeno conosciuto Nietzsche (dovrei verificare!) e chi lo conosce deve prendere posizione. Ma Wilhelm Reich? Lo vedo distribuire preservativi a Berlino, lo vedo fare una pennichella nel suo accumulatore orgonico, lo vedo comparire in una prigione americana. Lo vedo ridere e usare la sua proverbiale parlantina sciolta. Lo vedo accanto a uomini che stanno avendo un orgasmo, prendere misure. (una cosa che Anastasia trova eccitante, tanto che quando andiamo a letto insieme ogni tanto sussurra: “ora si sposta l’apparecchio indicatore e Wilhelm Reich verifica se siamo ancora ben cablati!”) lo vedo che si rifiuta di condurre qualsiasi dibattito fittizio. Ma anche Nietzsche era in possesso di un crudo realismo. Non ho scoperto in qualche passaggio anche in lui una guida alla respirazione?

D’improvviso sono posseduto dal presunto ricordo e cerco per ore quel passaggio. Nell’indice cerco sotto respirare. “Così respiro di nuovo aria fresca”. Poi, sotto aria: “Aria fresca sull’olimpo del pensiero..” Oppure: “Attraverso le pareti preme aria fresca nella prigione dello spirito”. Sembra aver avuto la sensazione che gli fosse prossima la morte per asfissia! Il passaggio che avevo in testa non lo trovo. Iniziava più o meno così: “Il mattino è un buon momento per inginocchiarsi e per fare esercizi respiratori”. Mi sembra del tutto inverosimile che Nietzsche abbia scritto qualcosa di simile, ma ne sono piuttosto sicuro.

Il mio impulso alla ricerca è snervante. Sfoglio i libri che ho di fronte, mi perdo…

Rifletto sul fatto che alla mia età potrei già essere professore d’accademia. Anche questo avrebbe avuto una sua nota teatrale. E come terapeuta reichiano in questo momento della giornata (guardo l’orologio) avrei senz’altro ricevuto clienti ed avrei fatto qualcosa di significativo per l’umanità.

“Non mi è mai interessato”, grido forte.

Trovo il passaggio sugli ultimi uomini, quelli che hanno trovato la felicità. Ma certo! Naturalmente!...Gli uomini che ammiccano e dicono: “Una serie TV è meglio di un buco nel calzino”. Qui sarebbe possibile un’inserzione. Ma quanti recensori, feuilletonisti e uomini educati all’apparenza hanno già trasformato questo passaggio in un’inserzione. “Sull’inserzione reichiana”, bofonchio insensatamente a me stesso.

Non voglio proseguire la mia ricerca.

Ora scrivo frasi come questa: “Nietzsche doveva muovere le masse di pensiero dei secoli, Reich iniziò con la respirazione dal punto zero. E così dovette procedere”. Oppure: “Nietzsche, il danzatore femminile, dipinge le sue coreografie isteriche nel cielo del XIX secolo che stava morendo. Diversamente quel piccolo uomo non sarebbe stato preso sul serio. Così sono rimasti polivalenti ed arte i suoi salti, le sue automaterializzazioni, i suoi denudamenti. Lui era un ideale oggetto di culto. Non esigeva nulla”.

Sono insoddisfatto.

Metto da parte i fogli.

Afferro (svogliato) la sceneggiatura che l’agenzia mi ha mandato stamattina. “Angela ha parlato con te?”, leggo, “L’ha fatto?”

All’improvviso la signora T. mi fa pena. Come dev’essere difficile prima pensare e poi vivere!

“Caro Wilhelm!” dico d’improvviso a voce alta nella stanza (e prendo a scrivere su di un nuovo foglio). “Tu dici che se uno respira correttamente e lo fa per un paio d’anni prima o poi giungerà al centro interiore di se stesso. Bene, ma lo credi davvero? Come tutti prima di te, avrai messo al mondo solo un ulteriore sistema curativo. Nietzsche non ha voluto rimuovere l’infelicità. Lui l’ha abbracciata disperato. Lui ha ingoiato continuamente fino in fondo il serpente che gli usciva dalla bocca. Ha immaginato le cose più terribili che si possono immaginare: che tutto, tutto ciò che riesce e tutto ciò che fallisce e ci distrugge ritornerà in un’infinita curva ripetitiva, che il compito dell’uomo è di accogliere la propria esistenza in questo eterno ritorno, di dire di sì ad esso. Uno che pensa così, come avrebbe fatto a non esplodere? Ma, caro Wilhelm! Colui che respira, che spera di essere giunto al centro di sé stesso, ma non vi giunge mai, non se la vede più brutta?”

Mi sorprende che mi riescano pensieri così pessimistici sulla soglia della mia coscienza. Entra, penso. Entra.

Mi distendo sul pavimento e respiro (nonostante tutto).

Non resta nulla in cui sperare?

Non ho ambizioni artistiche. Neppure ambizioni amorose. La mia famiglia è distrutta, ma non mi sarei dato molto da fare per lei. Non ne metterò su una nuova (mentre continuo il mio tran tran sessuale con Anastasia diminuisce il pericolo di un incidente con il preservativo.) Non m’aspetto alcuna illuminazione dalla filosofia, per la meditazione mi manca la schiena ritta.

Affilo le labbra inspirando e indirizzo lo sguardo verso il naso.

Anche questo è un esercizio reichiano.

Il sonno si agita come una gonna pesante da destra.

Sono sul bordo di un ponte. Una tempesta sale dal fiume e mi da la caccia.

L’esuberanza raramente fa bene, penso ancora e me ne vado.